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Archimedes II-Rise of Power

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edoboss101
view post Posted on 26/11/2012, 16:37     +1   -1




Domenica 25 Novembre 2290

Raul Menendez Robinson,Avamposto del Mojave

Era una giornata movimentata,il vento soffiava forte e i soldati dell'RNC correvano di quà e di là,alcuni aiutavano i mercanti a mettere al sicuro le loro merci,altri chiudevano con lucchetti i vari cancelli.
Era la solita giornata di Novembre per Raul, che se ne stava appoggiato ad un muro reggendosi con una gamba a terra e tenendo l'altra sul muro.Sarebbe sembrato un normale mercenario o una guardia del corpo in armatura di geco se non ci fosse stato il suo fazzoletto rosso che sventolava al vento come una bandiera.Il suo sguardo sembrava duro e serio ma invece rappresentava la sua noia. Aspettava suo padre,per passare le due settimane insieme che gli erano state promesse,e con impazienza vedeva passare carovane e soldati,cercando di scorgere la figura del padre.
Dopo altri 5 minuti di attesa si stufò di stare lì come uno dei tanti manichini che aveva visto in alcuni negozi prebellici e decise di fare qualcosa di più “esaltante”.
Andò al recinto dove venivano tenuti i bramini e cominciò a guardarli,pensava al fatto che forse quegli animali prima della Grande Guerra erano diversi dal loro aspetto attuale ma smise subito perchè il pensiero delle mutazioni gli faceva venire la nausea.
Si avvicinò ad uno dei bramini e raccolse dell'erba,intento a dar da mangiare alla creatura,ma il viso di Raul passò da un'espressione di noia ad una di rabbia e dolore,il bramino gli aveva morso la mano.
<fottiti!> Esclamò,gettò l'erba a terra e si massaggiò la mano per alleviare il dolore,poi voltò le spalle al bramino.
L'animale emise un muggito
<muu>
<stai zitto!>Urlò Raul,girandosi spazientito,poi si rigirò e continuò per la sua strada.
<muu,ho detto!>
<ma che ca...>Raul si girò ancora,avvicinandosi al bramino
<che hai detto?>
<muu>
<come diavolo fai a parlare,bestia?!>
Raul si accorse che la gente intorno lo guardava scioccata mentre stava letteralmente litigando col bramino,ignorò gli ulteriori muggiti che emetteva l'animale e andò verso il bar.
Subito dopo essere entrato sentì subito il tipico odore promiscuo di vini,bevande alcoliche e tutto ciò che rappresentava uno dei vizi dell'uomo.
Si sedette al bancone,aspettando che la barista,Lacey,finisse di imprecare contro qualcosa a terra,probabilmente qualche spigolo su cui era inciampata.
Dopo un attimo di imprecazioni,Lacey andò verso il bancone e disse la stessa identica domanda secca che fa ogni barista:
<che vuoi da bere?>
<un Martini,se possibile>
<sei sempre il solito,eh Raul?> Lacey già conosceva le abitudini del Figlio del Cacciatore,come lo chiamavano ormai all'Avamposto
<già,e preferirei anche che ti sbrigassi> Disse Raul,facendo un sorrisetto maligno
<il Martini è finito>Ricambiò con un sorrisetto maligno la barista
<e del vino me lo passi?>
<no,finito anche quello>
<hai almeno della Tequila?>
<neanche quella,ho solo Whisky e Vodka>
<dannazione,lascia stare,passami dell'acqua>
Lacey fece con man veloce quel che richiesto,e passò subito il bicchiere d'acqua a Raul,facendolo scivolare sul bancone.
<come mai non c'è carburante per Il Figlio del Cacciatore?>
<bello,non sei solo tu quello che si scola quella roba,ovvio che primo o poi finisce,serve che passi la carovana dei liquori a darci del carburante,mica arriva dal nulla.>
L'atmosfera nel bar era tranquilla rispetto a fuori,niente vento,niente bramini,niente che rompa la pace di Raul,immerso nella musica di Radio New Vegas.
Occasionalmente solo il brontolio della voce di qualche soldato che entrava lamentandosi del vento interrompeva quella calma.
Era così magnifico stare lì che Raul...si addormentò.
Venne svegliato da una tipa che era solita a stare lì a bere,Rose of Charon Cassidy,chiamata Cass da tutti.
Si alzò dal bancone,si diresse verso la porta,e uscì.
Era sul punto di appoggiarsi di nuovo sulla sua zona di muro,ormai piena di impronte dei suoi stivali,quando si accorse di una folla di gente che stava osservando qualcosa,qualcosa che stava sulle due statue che simboleggiavano l'alleanza tra mercenari del deserto e soldati.
Ovviamente corse incuriosito verso la folla e si fermò osservando l'oggetto,o più in particolare la persona sopra le statue,era un uomo con una tunica e un mantello,oltre che allo strano taglio di capelli.
Chiese al Sergente Kilborn,un vecchio amico di famiglia:
<ma chi è quello?>
<un missionario mandato per risollevarci il morale con le sue preghiere,come se non fosse già abbastanza noioso lavorare qui,ora ci mandano anche dei preti?>
<ma come diavolo ha fatto a salire lassù?>
<ah non lo so io,me ne sono accorto solo quando era in già cima e ha cominciato a recitare i beni di chiesa>
<a me non sembra molto cosciente di quello che sta facendo>
<non ti sei accorto che è ubriaco?Ci manca solo che cade e muore e che noi veniamo accusati di omicidio e scomunicati dai suoi altri amichetti fanatici,non è la prima volta che vedo una scena simile,a New Reno ho visto un altro prete ubriaco>
Il missionario mise il piede nel posto sbagliato al momento sbagliato,scivolando e cadendo verso il basso ma fece un atterraggio morbido,era caduto proprio su Raul.
Raul si svegliò in infermeria,aveva un dolore terribile al petto e alla spalla destra,e ci vedeva male,ma non così male da non vedere la figura umana che stava seduta accanto a lui.
<hey amico,finalmente sei sveglio,quell'ubriacone deve averti fatto proprio male,menomale che ho aiutato il Sergente a portarti qui> Disse l'individuo.
 
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view post Posted on 27/11/2012, 16:27     +1   -1
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Snowstorm

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Domenica 25/11/2290

Madison Callaghan


Scavalcò con troppa velocità la “carcassa” carbonizzata del camion, cadendo di sotto; un volo di tre metri che avrebbe evitato molto volentieri. Ansimava: l’ultima corsa non le aveva giovato per nulla, era sfinita per l’intensità degli ultimi giorni e l’esperienza nel Divide l’aveva provata più di quanto si aspettasse.
“Dannato il giorno in cui sono finita in quell’inferno” si rialzò dolorante, massaggiandosi il collo, costatando che non si fosse rotta nulla per quella sua bravata.

Non era mai stata frettolosa in vita sua, eppure quella volta il desiderio di andarsene era stato così forte da spingerla ad andare di fretta, pagandone le relative conseguenze.
Si ripulì dalla polvere del deserto, tossendo lievemente, e si guardò intorno per capire se aveva scelto la strada giusta o se si era andata a cacciare in un posto peggiore del precedente: il vento di quella giornata di novembre non la aiutava affatto con la visibilità ma non c’era alcun dubbio che fosse finita in mezzo alle sabbie contaminate del Mojave.

La parete rocciosa del canyon alla sua sinistra era letteralmente crollata, permettendo a chiunque di guardare in quella direzione, e all’orizzonte si stagliava fiera la torre del casinò Lucky 38, simbolo di uno dei luoghi più famosi di tutto il Mojave, New Vegas.

Sorrise, finalmente era arrivata nel luogo in cui si trovava l’altra sua metà, Logan.
Aveva viaggiato così a lungo alla sua ricerca che quasi non ci credeva, nonostante la ragione gli ricordasse che lei non era altro che un piccolo puntino in quella terra arida, santuario di chissà quale guerra, monumento ai peccati dell’uomo.
Si diede un minimo di contegno, non doveva entusiasmarsi troppo, la sua ricerca era giunta a buon punto ma non si era ancora conclusa, quando ormai era passati 10950 giorni dal suo risveglio.
Quel giorno, il 25 novembre 2290, era proprio il 10950°, trentacinque lunghi anni, per alcuni pochi, per altri troppi, per lei era indefferente.
Una sola domanda la sfiorò: per quanto tempo ancora avrebbe continuato a contare?
Altri diecimila giorni?
O Ventimila?
Non lo sapeva, o forse , non voleva saperlo.

Per un attimo rivide davanti ai suoi occhi il relitto della Deliver Destiny, tutti quei ricordi sfocati, il dolore provato, la solitudine e quel vuoto che si era portata dietro per tutto il viaggio.
Scacciò quei cupi pensieri dalla mente scuotendo lievemente la testa e sorseggiò un po’ d’acqua dalla borraccia per schiarirsi la gola.
Era novembre, ma il clima del deserto non aveva mai preso in considerazione l’andare e il venire delle stagioni, figurarsi quello del Mojave.
Sfilò la S&W 1911 dalla fondina, con un rapido gesto fece scivolare il caricatore vuoto e inserì quello nuovo, facendo scattare il carrello.

Quei maledetti bastardi l’avevano costretta ad utilizzare tutte le armi che aveva con sé e quella pistola era l’ultima arma da fuoco che le era rimasta.
Negli ultimi tempi aveva deciso di viaggiare più leggera nel campo degli armamenti ma non intendeva in quel senso.
Scrollò le spalle quasi a voler dire “ non ci posso far nulla” e si incamminò verso l’uscita del canyon quando all’improvviso qualcuno la aggredì alle spalle, cercando di soffocarla.
Tutto accadde in fretta, ma riuscì a tirare una gomitata nel ventre del suo aggressore che arretrò imprecando, mollando la presa.
Senza pensarci due volte Madison girò su sé stessa, puntò la canna della S&W contro il malcapitato e sparò due volte prima che quest’ultimo riuscisse ad estrarre il suo Mac10 dalla fondina logora.
L’uomo cadde, con un tonfo sordo, e Madison si avvicinò a lui velocemente, bloccandolo:
-Dimmi chi ti ha mandato!- urlò, levandogli l’elmetto che gli copriva il volto.
-Mi avevano detto che eri veloce, ma non pensavo che fosse vero- rispose l’altro sputando sangue.
- Rispondimi , bastardo!- urlò nuovamente, premendo con il ginocchio sulla ferita. L’uomo urlò di dolore, per poi iniziare a ridere sadicamente.
- Non sei altro che uno scherzo della natura … va all’infer…- non riuscì a terminare la frase, ritrovandosi una terza pallottola in mezzo agli occhi.

Era un altro di quegli aguzzini vestiti di blu, col volto nascosto, che avevano sempre tentato di catturarla o di ucciderla e lei ormai aveva perso il conto di quandi ne aveva fatti fuori.
Non aveva mai trovato alcuna risposta, nessun indizio su chi li aveva mandati e perché, nonostante avesse informazioni di ogni genere.

“Questa storia non avrà mai fine… Oh Logan, ora ho bisogno di te più che mai”

Sospirò, ripose la pistola nella fondina e proseguì fino a raggiungere una piccola altura poco fuori il canyon.
Davanti ai suoi occhi si estendeva il mare di sabbia contaminato, il Mojave, con tutte le sue rovine, le sue storie e le sue guerre.
Il suo sguardo cadde su una cittadina alla sua destra, la sua prima meta.
Primm.
 
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view post Posted on 28/11/2012, 00:51     +1   -1
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Dannati dalla carne, salvati dal sangue.

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Affanno, respirava con fatica, la corsa l'aveva stancata ma non aveva avuto altre scelte. Aveva fatto una vera e propria bravata, non tanto nel fatto in sé, ormai razziare era argomento naturale delle sue giornate, quanto fallire nell'intento di rubare e scappare senza nemmeno essere vista. Un fallimento che era costato la vita di molte persone.
Si sa, quando l'essere umano si trova in difficoltà reagisce di impulso e nel momento in cui si ritrova a dover lottare tra la vita e la morte, sceglie sempre di offrire alla morte l'anima del nemico. Questioni di sopravvivenza, anche se non lo si volesse, anche la persona più buona al mondo, se dovesse decidere se morire o vivere, ucciderebbe pur di salvarsi. Un paradosso, far perdere la vita per salvarne altra, un concetto tuttavia coerente e giustificabile per l'essere umano. Non per Lily. Sì aveva già ucciso altre volte, ma l'aveva fatto con vera intenzione, per uno scopo preciso, non per errore. La differenza tra l'omicidio e la lotta per la sopravvivenza consisteva nell'errore, quel passo falso che faceva diventare la difesa giustificabile un assassinio crudele. Quel giorno si sentiva di aver appena compiuto un omicidio.
Si guardò attorno spaventata, temeva che qualcuno la stesse seguendo, e fece qualche passo verso una roccia di medie dimensioni, abbastanza grande da potersi coprire bene dalla sabbia alzata dal vento. Scivolò lungo la superficie levigata del masso e fece un profondo respiro. I suoi muscoli si erano all'improvviso appesantiti, tutto il suo corpo sembrava non voler più rispondere a nessun comando. Si sentiva stanca, spossata e gli occhi fissavano il vuoto nella foschia di sabbia dinanzi a lei. Le condizioni climatiche del Mojave l'avevano costretta a vendere la sua amata pelliccia per abiti più leggeri e protezioni adeguate per il deserto. Indossava una maglia a girocollo dalle maniche strappate fino alle spalle, sopra di essa aveva messo una maglia a rete nera stracciata in alcuni punti; al collo portava una grossa sciarpa di tessuto leggero dai colori spenti e smunti, essa le copriva anche il volto, compreso il naso. Sugli occhi invece aveva un paio di occhialoni da aviatore rubati qualche giorno prima, come anche i pantaloni grigi e sgualciti, gli scarponi - unici in buono stato - e un paio di ginocchiere abbastanza consumate. Aveva avuto anche un'arma fino a poco tempo fa, una pistola, ma l'aveva lasciata sul luogo del fatto.
Ebbe l'istinto di togliersi gli occhiali ma si fermò in tempo, con la sabbia che vorticava sulla sua testa non sarebbe stato il caso di levarli, aveva già avuto una volta dei problemi di vista per colpa di quelle perturbazioni. La sabbia si era fatta più fitta, oscurava come nebbia rossastra la via dinanzi a Lily. Decise così di non muoversi per il momento, quel piccolo ma buono riparo che si era trovata andava più che bene, non poteva rischiare di esporsi alle intemperie, poteva arrivarle qualsiasi cosa addosso e sarebbe potuta anche essere ferita da oggetti vaganti nel vento.
Non aveva nient'altro da fare se non attendere che la sabbia nell'aria diminuisse, provò così a tastare nella sua sacca ed estrasse un piccolo quadernetto dalla copertina viola un po' scolorata. La aprì, prese un pezzo di grafite da una piccola tasca che aveva cucito all'interno del sacco e provò a scrivere. Non era nelle condizioni migliori per farlo, la ferita al braccio si faceva sentire ma di luce ce n'era abbastanza, fino a pochi passi attorno a sè riusciva a vedere e per rimediare alla sabbia si accucciò su se stessa in maniera da coprire il più possibile il quadernetto.

" Cara Liz,
Ho fatto un casino.. "


Domenica 25 Novembre 2290

Una giornata come tante altre, una dannata mattinata passata a camminare in mezzo al canyon a poche miglia da Primm. Tosh camminava davanti al gruppo, gli altri erano dietro di lui e barcollavano lievemente. Li guardò, erano cinque disgraziati come lui, due ragazze e tre uomini tra i quali ve n'era uno di cui non si fidava molto. L'avevano raccolto alcuni giorni addietro e non aveva fatto altro che dare problemi. Aveva chiesto in una taverna dove si erano fermati chi si stava dirigendo a Primm. Aveva per forza bisogno di compagni, viaggiare da soli nella zona contaminata era un vero e proprio suicidio. C'era chi lo faceva e se la cavava, fortunatamente da quando Tosh era partito alcuni mesi fa non aveva incontrato nessuno di loro, non erano mai individui amichevoli ed erano veramente tanto pericolosi.
< Tosh, per favore, dobbiamo fermarci un attimo, Katy sta per vomitare l'anima dallo sforzo. >
< Cait ha ragione, stiamo camminando da ventiquattro ore! Perché tutta questa fretta? >
Tosh guardò dinanzi a sé con aria pensierosa, dovevano raggiungere a tutti i costi Primm entro poco. Lui aveva il grosso zaino con le provviste e le conteggiava, sapeva che stavano finendo e non come solitamente faceva credere agli altri per farli muovere un po' il culo, stavano veramente esaurendo.
< Avanti ragazzi, ancora qualche sforzo, tra qualche minuto ci riposiamo. > Tosh tentò di incitarli, ma con scarso successo. Katy crollò sulle ginocchia ansimando e Cait si fermò per soccorrerla. Rick, il ragazzo che aveva parlato prima, afferrò con decisione un braccio di Tosh e lo strattonò, per esortarlo a fermarsi.
< Dannazione Tosh! Abbiamo fatto un sacco di strada assieme, tutti quanti insieme, tutti! Katy ha bisogno di riposo! Cosa diavolo hai in testa ora? Dobbiamo fermarci! O vuoi farla morire? > Urlò con determinatezza il giovane. Seguì un attimo di silenzio, gli occhi stupiti di Tosh incrociarono a lungo quelli di Rick, vide in essi rabbia e disperazione e si rese conto soltanto in quel momento di non aver pensato più ai suoi compagni per più di ventiquattro ore. Li aveva fatti tirare avanti come bestie, soltanto perché pensava che per metterli al sicuro servisse raggiungere Primm a tutti i costi, ora Katy stava svenendo per mancanza di forze.
< Scusa Rick. > Non seppe cos'altro dire, lui non aveva il carattere forte e determinato per essere il capo, semplicemente era il leader perché sapeva essere gentile e premuroso con tutti, chiunque avesse viaggiato con lui si sarebbe sentito protetto. Tosh era, tra l'altro, un uomo abbastanza robusto, con i suoi quasi due metri di altezza e una massa muscolare che faceva impressione, lo si poteva chiamare veramente "il gigante buono". Corse da Katy, si inginocchiò e poggiò il grosso zaino a terra, estrasse un contenitore di liquidi, lo agitò e lo bucò con una cannuccia, porgendola alla bocca della ragazza. Katy, in stato semi confusionale, bevve sforzandosi. Poche sorsate dopo sentì già il corpo rinvigorirsi e la mente tornò lucida, reclamando per l'organismo sali minerali e altra acqua. Ingurgitò a grandi sorsate la bibita energizzante, afferrando quasi spasmodicamente il recipiente. Tosh lasciò la presa, attese che Katy finisse e buttasse il recipiente non riutilizzabile per terra.
< Come ti senti? > Chiese Tosh, con un'aria di colpevolezza sul volto.
Katy lo guardò, dapprima sembrò infuriata con l'uomo, poi sorrise e si rialzò, scuotendo le gambe come per rivitalizzarle.
< Sto meglio Tosh, grazie. > Disse. Non voleva fargli pesare l'accaduto, dal suo sguardo sembrava che avesse capito il suo errore e dopotutto non aveva mai fatto una cosa del genere prima . Lei capiva che erano vicini a Primm e che dopo settimane e settimane, per Tosh mesi, erano quasi finalmente arrivati a destinazione, forse questa situazione gli aveva dato un po' alla testa.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Tosh guardò tutti, stavano aspettando che dicesse qualcosa.
< Mi dispiace ragazzi, vi ho fatto sgobbare pensando che Primm fosse più vicina. > Disse infine.
< Oh te ne sei accorto finalmente! > Jayce parlò, proprio colui che a Tosh non piaceva. Fece finta di non averlo sentito, il suo tono era provocatorio, forse voleva tentare di farlo errare ancora, metterlo contro tutti gli altri, non ci sarebbe cascato.
< Jayce, mi spiace. Non hai potuto conoscermi bene come hanno fatto gli altri, questo è stato un momento, farò più attenzione la prossima volta. > Replicò il gigante buono, il tono e la postura segnalavano tranquillità, ma lo sguardo fermo trasmetteva comando. Jayce guardò gli altri, tutti sembravano, perlomeno a prima vista, appoggiare Tosh, così non disse altro, si limitò a scrollare le spalle e fece qualche passo distante dal gruppo. Gli altri si scambiarono degli sguardi a vicenda, erano tutti timorosi del nuovo membro, sembrava una persona di cui non potersi fidare. Tosh fu rassicurato da quell'evento, aveva capito che tutti la pensavano come lui e, cosa più importante, si fidavano molto di lui, tanto da non approfittarne come fece Jayce.
< Ok, ragazzi accampiamoci qui nelle vicinanze e.. > Tosh si fermò un attimo e guardò l'orizzonte. C'era qualcosa di strano nella sua linea, qualcosa di nebuloso.
< ..e dobbiamo fare in fretta, deve essere un posto anche ben riparato. > Concluse. Si affrettò a chiudere lo zaino e se lo rimise in spalle, gli altri imbracciarono le loro armi da fuoco temendo che il nemico potesse essere un branco di predoni o altre persone poco amichevoli.
< Cosa hai visto Tosh? > Chiese Rick. Qualcuno avanzò infine quella domanda e attese un po' prima della risposta, nel mentre Tosh si stava guardando attorno. Il gruppo era teso, anche Jayce.
< Una tempesta di sabbia. Il vento che si è alzato stamattina doveva essere l'annuncio del suo arrivo. Dobbiamo darci una mossa. > Rispose infine Tosh. Il gruppo allentò la presa sulle armi, sollevati dalla risposta del leader ma allo stesso tempo colti da una nuova ansia. Cominciarono così a muoversi rapidamente seguendo Tosh, che ne approfittò per avvicinarsi ancora un po' a Primm.
< Di là! C'è una conca naturale, sembra una piccola grotta. Tirate fuori le armi, potrebbero servire. > Esclamò Tosh, impugnando il suo grosso machete. Il gruppo costeggiò uno dei pendii che portava dolcemente al piano sottostante. Quel rifugio sembrava fatto appositamente per situazioni di quel tipo, una grossa impronta a zoccolo nella roccia e nella sabbia, protetta da una breve sporgenza che fungeva da tetto e una rientranza di due o tre metri di forma circolare. Non vi era nessuno già ivi nascosto, potevano tranquillamente sistemarsi. Tosh fece da guardia alla cima del rifugio, mentre il ragazzo che finora non aveva parlato stava pattugliando qualche metro più distante dalla larga entrata del rifugio. Tosh si chiedeva come mai non avesse voluto nessun'arma, avevano ancora un mitragliatore con loro, eppure il misterioso ragazzo preferiva la sua pistola e quella sorta di balestra scassata e inutilizzabile che si portava dietro. Ora che ci stava pensando, non aveva nemmeno mai visto quel tizio in faccia, sapeva soltanto che aveva i capelli lunghi e di un colore blu molto insolito. Riteneva che fossero tinti, ma non scolorivano mai. La voce poi..aveva un qualcosa di femminile, forse per quello preferiva non parlare mai, magari se ne vergognava.
< Bah, prima o poi dovrò parlarci bene con quello. > Mormorò Tosh mentre osservava la persona interessata camminare e guardarsi attorno, poi si occupò della sua mansione.

Il ragazzo si fermò per un attimo e osservò la figura di Tosh sparire dietro all'altura.
" Possibile che sia proprio così scemo? " Pensò. Dopotutto era riuscito a tenere nascosta la sua identità per settimane. Quel Tosh era veramente un bonaccione e non faceva nulla per non dimostrarlo, mentre gli altri del gruppo si vedeva chiaramente che dipendevano da lui, come bravi cagnolini che non sanno dove andare senza guida. Non avevano una loro propria coscienza di ciò che li capitava intorno, infatti nessuno di loro si era incuriosito di lui, soltanto Jayce sembrava essere un pericolo per la sua aura di mistero.
In qualche modo doveva rubare quelle scorte di bibite energizzanti dallo zaino di Tosh, aveva visto più volte da dove le tirasse fuori e aveva notato che non cambiava mai posto per esse, molto stupido. Chiunque poteva approfittarne, però bisognava trovare il modo giusto per farlo. Non aveva ancora utilizzato le sue abilità fisiche, secondo loro era un semplice umano. Poteva sfruttarle per recuperare rapidamente qualcuno di quei contenitori e sparire con la stessa velocità, aveva però bisogno di un diversivo. Quel rifugio e la tempesta in arrivo potevano essere utili. Qualcuno sarebbe potuto arrivare e attaccarli oppure..avrebbe potuto simulare lei uno scontro. Molto complesso, ma per quanto erano idioti quelli ci sarebbero cascati in pieno. Avrebbe soltanto dovuto allontanarsi abbastanza da non essere vista, urlare disperata, sparare colpi a caso e poi usare quella granata che aveva rubato qualche giorno fa a un gruppo di viandanti che incontrarono per fare più baccano. Poi avrebbe potenziato le gambe per correre rapidamente, fare un giro sparando ancora (l'eco avrebbe potuto diffondere il suono), fiondarsi sui pacchi e sparire, direzione Primm. Una volta giunto lì avrebbe dovuto cambiare vestiti per non apparire riconoscibile nel caso avessero continuato per quella destinazione, ma a ciò avrebbe pensato dopo.
" Ok, non resta che agire Lily."
Lily impugnò la pistola. Sparò un colpo. Urlò chiedendo aiuto. Sparò altri due colpi, un secondo dopo sparò il terzo.
Rick si allarmò e chiamò Tosh, egli corse di sotto senza porre attenzione se non per il rifugio. Tutti presero le loro armi e cominciarono a correre verso la direzione degli spari.
Lily si spostò, sparò di nuovo e urlò ancora. Corse verso un lato sparando altri due colpi. La trappola stava funzionando. Ora serviva il tocco finale. Arrestò la sua corsa, sparò un colpo in aria e un colpo verso il gruppo, il quale sfiorò la nuca di Rick. Raccolse la granata dalla tasca, la innescò e, potenziando la forza del braccio, la lanciò lontano, facendola scoppiare a diversi metri sopra le teste dei soccorritori. Tutti si buttarono a terra, sentì che qualcuno era stato ferito, forse Cait. Sparò i colpi rimanenti durante la corsa verso il rifugio, buttò poi la pistola e scattò in direzione dello zaino. Giunta a destinazione, con la forza incrementata strappò la tasca anteriore dello zaino, aprì la sua sacca e ci infilò dentro tre contenitori, tutti quelli che erano rimasti. Si mise la sacca in spalle e si voltò, improvvisamente si arrestò.

< Sapevo che non bisognava fidarsi di te. > Jayce stava sorridendo malignamente, sembrava soddisfatto di non essere caduto in trappola come gli altri. Puntava contro Lily una revolver di grosso calibro. La ragazza alzò le mani istintivamente, il cuore le stava battendo all'impazzata mentre la rabbia le consumava l'animo. Aveva dimenticato che Jayce non era stupido e si era appena fatta fregare. Era stato più furbo.
" Merda! " Pensò ed escogitò il da farsi. Mentre Jayce parlava a vanvera riguardo quanto fosse intelligente, Lily scattò come un fulmine, balzando sulla sabbia, e raggiunse l'uomo armato in pochi secondi. Colpì con un taglio di mano la pistola e la fece volare lontano dai due. In quel momento Jayce le sferrò un pugno, la atterrò sedendosi sopra di lei ed estrasse un coltellaccio. Lily urlò per la rabbia, il dolore e la paura per l'arma da taglio. Cosa poteva fare ora ? Non aveva scelte, soltanto una soluzione. Jayce affondò con l'arma bianca, Lily pose il suo avambraccio sinistro come scudo. La lama si conficcò nella carne e la passò da parte a parte, riscontrando però una forte resistenza da parte del bicipite; nonostante ci avesse messo tutta la sua forza, Jayce non era riuscito a piegare quell'esile braccio. A vederlo bene, sembrava essersi improvvisamente ingrossato. Lily urlò nuovamente, non per la ferita, ma per il dolore causato dalla mutazione che impose al suo pugno destro, trasformandolo in una distorta e robusta lama apparentemente in osso; questo dolore rendeva quell'altro pari a uno spillo che punge un dito. Il pugno mutato scattò e la lama trafisse il torace dell'uomo, il braccio si ferì lievemente a causa di alcune costole rotte quando Lily estrasse l'arma. Strinse i denti, vide lo sguardo sorpreso dell'uomo contorcersi nell'agonia, lo spostò brutalmente da dosso, si alzò barcollando e cominciò a correre spasmodicamente verso Primm. La tempesta stava per arrivare.


" Per un mio errore ho dovuto ucciderlo per salvarmi. Se le mie ferite si rimargineranno senza lasciare cicatrici, lui rimarrà nel mio cuore come monito. Una brutta nota rossa nella mia vita. "

Il braccio sinistro faceva tanto male ora, mentre la mano destra era tornata a posto e con essa anche i graffi e le ferite sul rispettivo braccio, tutto lavato con il ripristino della mutazione. Si sentiva lo stomaco in subbuglio, aveva usato troppo i suoi "poteri", non poteva rigenerare del tutto anche l'altro taglio, era terribilmente profondo. Si limitò a fermarne il sangue e riassemblare i tessuti più profondi. In seguito ripose il quadernetto e la grafite nel sacco, prese uno dei kit medici che possedeva e lo usò per disinfettarsi e cucire la ferita da entrambi i tagli, per diminuire l'ampiezza della ferita. Poi fasciò la ferita con una garza disinfettata a dovere, la fissò con gli specifici elastici e mise sopra la retina compresa nel kit prima di srotolare la manica a rete nera della maglia.

La tempesta si acquietò qualche minuto dopo, dando la possibilità a Lily di alzarsi serenamente e di incamminarsi per Primm. Ancora poche ore e sarebbe arrivata a destinazione. In quel momento avrebbe voluto riflettere su ciò che era successo, ma era stanca, il braccio pulsava dolorosamente e doveva raggiungere la destinazione prima del gruppo che si era appena lasciata alle spalle.
Era quasi tardo pomeriggio, il sole stava calando verso ovest. Un sole che non aveva ancora portato niente di buono quel giorno.
 
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EdLan
view post Posted on 28/11/2012, 17:44     +1   -1




Domenica 25/11/2290

Terence "Terry" Mills - Deserto della California


Il sole era alto nel cielo nel cielo della California, illuminando la superficie terrestre, ormai rovinata dalla furia nucleare consumatasi più di due secoli prima, ed infondendo un piacevole calore. Solo una sottile striscia grigia spaccava in due il paesaggio desolato, una strada a due corsie che collegava lo stato della California, area dello stato della NRC con il Nevada, una landa ancora squarciata dalla violenza che attende il suo dominatore. La pace e il silenzio sembravano regnare incontrastati lungo la via, il cui vuoto era colmato solo parzialmente da sporadiche carovane accompagnate da bramini... almeno fino a quel momento.
Come un tuono a ciel sereno, la pace fu interrotta da un violento rumore del motore di una moto. Nera come la notte e come la giacca del suo pilota, una Harley-Davidson modello Sportster 883 Hugger sfrecciava per la strada come una scheggia impazzita.
Passò di fianco ad una carovana, facendo spaventare i bramini, che presero a correre in tutte le direzioni, rovesciando diversi tipi di merce e combinando un gran macello, tanto che le imprecazioni dei carovanieri superavano addirittura il rumore della moto.
Ma al suo proprietario non importava proprio niente, continuava a correre come un folle assaporando pienamente l' ebbrezza e l' adrenalina donatagli dalla velocità, una sensazione di totale libertà slegata dalle costrizioni della vita, accompagnata solo dal vento e dal caldo sole, mentre un sorriso beffardo compariva sulla sua bocca.

Dopo diversi minuti passati in questo modo e altre due carovane rovinate, finalmente un segno di civiltà comparve in mezzo al piatto paesaggio del deserto californiano. Quello che dapprima era solo un minuscolo punto grigio all' orizzonte, prese pian piano forma, come un piccolo feto che piano piano prende forma in umano, questo punto vide cambiare la sua composizione, fino a trasformarsi in due grosse statue di metallo raffiguranti due uomini intenti a stringersi la mano.
Nel frattempo, sotto le statue un altro punto aveva preso forma, questo però era diventato una specie di postazione militare. Capendo di non poter proseguire ancora per molto prima di arrivare ad investire qualcuno all' avamposto, il giovane pilota iniziò a rallentare gradualmente, portando quindi pian piano la moto a rallentare, mentre si avvicinava ormai sempre di più alle due statue di ferraglia. Finalmente il profilo del pilota della moto poteva essere delineato: si trattava di un giovane ragazzo sulla ventina, possedeva un fisico allenato e la pelle leggermente abbronzata; era abbigliato con un paio di grossi stivali neri, un paio di jeans blu consumati tenuti in vita con una cintura, una maglietta bianca e una giacca di pelle nera da motociclista. In testa portava un casco bianco con una riga nera e degli occhiali da motociclista marroni, utilissimi durante il viaggio per evitare che la polvere gli finisse negli occhi con il rischio di provocare un potenziale incidente ad alta velocità.
“Ci siamo, finalmente. Il Mojave.” pensò il pilota.

Aveva deciso di passare la notte in quel posto, e guidava ancora a velocità moderata alla ricerca di un posto dove lasciare la moto, quando notò una discreta folla attorno alle statue. Non fece caso a cosa si trovasse sopra di esse, quindi non si accorse di quando un prete cadde dalle statue finendo addosso ad un giovane che si trovava proprio sulla sua traiettoria. Riuscì a frenare appena in tempo, trovandosi davanti i due, che osservava con aria sbigottita.
Si fece subito avanti un soldato, vestito con la classica divisa color cachi dell' RNC, che si chinò sui due e prese il prete per le braccia, liberando il giovane tenuto sotto.
< Che cosa stai aspettando? Portalo all' infermeria! > disse, indicando il ragazzo.
Scese dalla moto con un agile balzo, piazzò il cavalletto e girò la due chiavi della moto: una era quella standard, l' altra un antifurto personalizzato creato da lui. Quindi si chinò, afferrò il giovane e se lo mise sulle spalle, quindi seguì il soldato verso l' infermeria dell' avamposto.
Entrarono quindi nell' infermeria, non particolarmente piena, dentro c' erano solo alcuni soldati ma solo uno sembrava riportare ferite da combattimento: quindi l' avamposto era un posto relativamente tranquillo.
Adagiarono i due sopra due dei lettini liberi e attesero per qualche secondo che uno dei medici andasse a controllare i due, per poi riferire dopo diversi secondi di accurate analisi che non avevano riportato ferite, ma solo una violenta botta, e che in poco tempo si sarebbero ripresi.
< Bene, grazie mille – disse il soldato rivolto al medico, poi si rivolse al pilota – grazie per l' aiuto, ragazzo. Io sono il sergente Kilborn, di stanza qui all' avamposto da oltre tre anni. Che vita di merda... e tu invece chi sei? Non ti ho mai visto qui > disse il sergente porgendo la mano al ragazzo.
< Io? Ho passato tutta la mia vita in California, sono appena arrivato qui. Il mio nome è Terry Mills > rispose il giovane, stringendo la mano al sergente.

Dopo essersi congedato dal sergente, Terry uscì in fretta dall' infermeria, venendo accolto da una grossa folata di vento, e si diresse nuovamente verso le statue, dato che non aveva avuto il tempo di parcheggiare la moto. Il suo antifurto gli dava già la sicurezza che essa fosse ancora lì, ma lui non si era mai fidato a lasciarla da sola per troppo tempo. Fortunatamente il veicolo era ancora lì, quindi Terry disattivò l' antifurto, afferrò saldamente i manubri e iniziò a muovere la moto senza accenderla: aveva già guidato diverse ore quel giorno, e non gli andava di salire per fare pochi metri.
Trovò quasi subito un punto abbastanza riparato da sguardi indiscreti, quindi posizionò la moto accanto ad un palo, legandola a quest' ultimo con una catena metallica, come ulteriore protezione.
Riattivò quindi l' antifurto della moto, infine si allontanò da essa, e guardò, per la prima volta con attenzione, l' avamposto.
Sulla strada c' era un viavai quasi costante di soldati che trasportavano munizioni o si dirigevano nei vari locali; un gruppo di quattro militari era intento a pulire le proprie armi, mentre un altro si allenava nello sparo mirando ad alcuni bersagli posti lontano. Dentro la recinzione riservata ai bramini stavano, oltre agli animali stessi, i carovanieri che badavano alle bestie o dormivano su alcuni letti improvvisati, lasciati a disposizione di tutti. Il quadro generale era di una fervida attività, come un gruppo di formiche sempre intente a lavorare per migliorare il proprio nido.

< Sai dove posso prendere qualcosa da bere? > chiese ad un soldato.
< Il bar è da quella parte > rispose cortesemente il militare indicando una struttura poco distante.
< Grazie mille > disse Terry, quindi si incamminò verso il bar.
Stava per entrare dentro il locale, quando scorse una figura poco distante: era il prete caduto dalle statue, che camminava non in perfetto equilibrio, con ancora addosso i postumi della sbornia.
“A proposito, poi andrò a vedere come sta quel ragazzo” pensò.
Entrato nel bar, si diresse a passi veloci verso il bancone, senza neanche badare all' ambiente circostante e notando a malapena una ragazza ubriaca che sbavava appoggiata al bancone.
Subito dopo essersi seduto, venne intercettato dalla barista.
< Cosa ti porto? > domandò asciutta.
< Nuka-Cola. Dammi tutte quelle che hai > rispose Terry.
< Che succede, non sei ancora abbastanza grande per poter bere? > disse la barista prima di esplodere in una fragorosa risata.
< Non si vive di solo alcol, e poi, sinceramente, a te che te ne importa di quello che bevo io? > rispose secco il giovane.
< Bene, allora. Ecco a te > disse lei stizzita, porgendo quattro bottiglie di Nuka-Cola ghiacciate sula bancone.
Terry prese velocemente dallo zaino il suo portafoglio nero, tirò fuori due banconote RNC e le porse alla barista, che le afferrò prima di allontanarsi fulmineamente dal giovane; quest' ultimo prese tre delle bottiglie, le infilò dentro lo zaino, mettendoci anche il portafoglio prima di richiuderlo. Prese quindi la quarta bottiglia in mano e uscì dal bar.
“Bene, almeno adesso ho qualche bottiglia di scorta” pensò.
Stappò la bottiglia con noncuranza, infilò il tappo in tasca ed iniziò a bere il gustoso liquido mentre si avvicinava all' infermeria. Terminata la bottiglia, espresse la sua felicità con un sonoro rutto, mentre buttava la bottiglia per terra.
Entrò quindi nell' infermeria dell' avamposto, dove incontrò di nuovo il sergente Kilborn, impegnato a parlare con una dottoressa militare.
Passò oltre fino ad arrivare al lettino in cui era sdraiato il ragazzo. Aspettò per qualche minuto che si svegliasse e mentre aspettava si intratteneva giocando con il tappo della Nuka-Cola bevuta in precedenza.
Finalmente, quando il ragazzo diede finalmente segni di coscienza, Terry smise di utilizzare il tappo per concentrarsi su di lui. Lo guardò mentre strabuzzava gli occhi cercando di capire dove fosse finito.
< Ehi amico, finalmente sei sveglio, quell' ubriacone deve averti fatto proprio male, menomale che ho aiutato il Sergente a portarti qui > disse.
< Dove mi trovo? > chiese il ragazzo ancora spaesato.
< Siamo nell' infermeria dell' avamposto > rispose Terry.
< Ah, capisco – disse mentre riprendeva pienamente coscienza – comunque, il mio nome è Raul Menendez Robinson > disse il giovane.
< Sono sicuro che non me lo ricorderò – disse ridendo – comunque io sono Terry Mills, piacere >.
In quel momento sopraggiunse il sergente Kilborn.
< Ah, bene, vedo che finalmente ti sei svegliato anche tu, Raul – disse, prima di farsi serio – sentite ragazzi, mi servirebbe un aiutino da voi due. Abbiamo da consegnare alcune lettere al nostro comando di Primm, ma ho gli uomini contati. Non mi fido a mandare uno solo dei nostri ragazzi, quindi vi chiedo: vi andrebbe di accompagnarlo? Vi darò anche un piccolo compenso per il disturbo > chiese speranzoso.
< Certamente, per me è ok > disse Terry, senza esitazione.
< Io non credo di poter venire, sto aspettando ancora mio padre > disse Raul.
< Andiamo, Raul, in fondo si tratta di un viaggio breve, appena terminato potrai tornare qui > insisté Kilborn.
< Bene, mi hai convinto. Quando si parte? > disse infine Raul.
< Tra mezz' ora fatevi trovare pronti di fronte al comando principale > disse infine il Sergente prima di congedarsi.
I due ragazzi passarono i minuti rimanenti chiacchierando di cose futili in giro per l' accampamento, che Raul aveva deciso di mostrare al nuovo arrivato. Tre minuti prima dello scadere del tempo concesso da Kilborn, si diressero verso la moto di Terry. Il ragazzo prima liberò il veicolo dal vincolo della catena, poi disattivò l' antifurto e infine mise in moto, invitando il suo compare a salire. Raul si avvicinò a passi leggeri e salì cautamente sulla moto.
< Che diavolo è questa roba? > chiese Raul indicando il veicolo.
< Mi stai prendendo in giro? È una moto, un mezzo di trasporto leggero, veloce, affidabile; insomma, il meglio del meglio! Possibile che siate tutti così antiquati nel Mojave? > rispose Terry quasi indignato.
< Scusa, è che non sono abituato ad usare veicoli > rispose lui.
< Allora reggiti – raccomandò al passeggero – a volte tendo a correre un po' troppo > disse Terry, prima di infilarsi il suo casco bianco con linea orizzontale nera e gli occhiali marroni da moto.
Terminati i preparativi, finalmente la moto si mosse, portando i due ragazzi al punto d' incontro, dove stava un giovane soldato, anch' egli provvisto di moto.
< Siete voi quelli con cui devo viaggiare? Soldato Anderson, ai vostri ordini > disse il militare con voce timorosa. Si trattava sicuramente di una recluta, abbastanza inesperta da rivolgersi ai due giovani come fossero superiori.
< Rilassati, soldato – disse Terry sghignazzando – prima portiamo queste lettere a Primm, prima veniamo pagati, quindi vediamo di fare in fretta >.
Pochi secondi dopo le due motociclette erano partite. Scendevano tranquillamente il pendio mentre il vento sbatteva come una gigantesca onda contro di loro, e il sole aveva iniziato la sua lenta e maestosa parabola discendente. Si mantenevano ad una velocità moderata mentre scendevano verso l' Ivampah Lake, e Terry si dovette sforzare parecchio per impedire a se stesso di accelerare all' impazzata e lanciarsi in una nuova folle corsa.
Dopo aver terminato la discesa, i tre si avvicinavano alle rive dell' ormai secco Ivampah Lake.
< Attenzione qui, spesso bazzicano le formiche giganti > disse il soldato ai due. Per tutta risposta, Raul tirò fuori il suo Winchester.
Come la profezia di una zingara sibilla, dopo pochi secondi il terreno davanti a loro si ruppe, formando un buco del diametro di diversi metri dal quale uscì un gruppo di formiche giganti. Terry riuscì subito a frenare e a tornare indietro ma Anderson, forse preso dal panico, decise di scendere dalla sua moto e di correre a piedi.
Ormai l' avamposto era troppo lontano per poter disporre del supporto delle truppe RNC dislocate, e anche se Terry fosse tornato avrebbero lasciato il soldato a combattere le formiche da solo. Dunque, i tre decisero di posizionarsi dietro alcune grosse rocce all' inizio dell' altura. Raul iniziò subito a prendere la mira, ma quando il militare noto che Terry non faceva nulla gli disse: < Se non hai armi per difenderti, prendi questa > mentre parlava, gli porse una pistola.
Terry prese subito l' arma e immediatamente la puntò contro una delle formiche, che si stavano avvicinando pericolosamente nonostante Raul fosse riuscito ad ammazzarne due e a ferirne lievemente un' altra.
Il giovane però non aveva dimestichezza con le armi, e ci mise un tempo eccessivo a puntare la pistola contro il cranio della formica gigante. Sparò un colpo ma non riuscì a capire esattamente la traiettoria seguita dal proiettile, dato che sentiva già il pesante alito della morte dietro di sé e la paura da questo portata.
Restò sorpreso quando noto che la formica giaceva morta con il cranio in pezzi. Tutto il resto successe troppo in fretta: tre secondi, sei spari, sei formiche morte attorno a loro.
Alzò lo sguardo ancora timoroso, quando vide una figura nera, che reggeva in mano un fucile ancora fumante.
 
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|[Prototype]|
view post Posted on 29/11/2012, 15:48     +1   -1




Domenica, 25 Novembre 2290
Connor, California, 10.7 miglia all’Avamposto del Mojave
Era pomeriggio, il Sole era alto, nel raggio d'azione di miglia non si vedeva nulla, persino i corvi erano scomparsi. Stranamente sulla strada, ormai erosa da secoli di lotte e di violenze c'era una figura, non ben definita, poteva essere qualsiasi cosa. Man mano che si avvicinava sembrava sempre più assumere le sembianze di un uomo. Era insolito per un viaggiatore addentrarsi in quel deserto, se non ti avrebbero ucciso i Sciacalli ci avrebbe pensato il caldo. Ormai l'uomo era vicino: alto, di corporatura media, capelli neri ed occhi scuri, indossava una strana armatura nera, più nera dell'asfalto. Aveva con se quattro sole armi: un vecchio fucile M14, due Colt 1911 ed un coltello da combattimento. Aveva un’andatura normale, come se stesse facendo una passeggiata. Inaspettatamente, si fermò. Davanti a lui c'era un cartello con un teschio sopra e scritto "DEATH". Dopo averlo letto attentamente, fece un sorriso, uno strano sorriso come se fosse una situazione comica per lui.

E così si rimise in viaggio dopo qualche minuto di cammino, con la sua attenta vista scorse qualcosa all'orizzonte. Si avvicino e apparve davanti a lui un corpo. Da come era vestito sembrava un mercante. Le cose intorno a lui facevano pensare ad un attacco dei Gechi. Qualcosa però non quadrava, c'era la pistola, c'era il caricatore vuoto ma non c'erano i bossoli. Neanche il tempo di estrarre le pistole che una voce urlò "Mani in alto!". Il misterioso viaggiatore si voltò senza fare ciò che lo Sciacallo gli aveva ordinato. Lo Sciacallo gli disse ancora una volta "Ho detto mani in alto o ti faccio saltare la testa". Il viaggiatore guardò fisso negli occhi dello sciacallo e disse: "Se vuoi puntare un'arma devi essere pronto a premere il grilletto." E così si abbassò improvvisamente lasciando lo Sciacallo impreparato che sparò un colpo a vuoto. Lo straniero si spostò velocemente sul lato sabbioso della strada, prese una manciata di terriccio e lo tirò negli occhi dello Sciacallo, che incominciò a sparare all'impazzata. Il viaggiatore venne colpito al petto, ma riuscì lo stesso a estrarre la pistola e a piantargli un colpo dritto in testa. Poco dopo si accasciò a terra. Dopo qualche secondo si toccò il petto, poi si guardò la mano e non vide sangue. Si alzò e controllò nell'armatura, lo Sciacallo aveva colpito una medaglietta con un simbolo strano, un po’ sbiadito, simile a quello della Confraternita e con scritto sopra: "301097 CONNOR". "Bastardo" disse il soldato. Si alzò e riprese per la sua strada, come se nulla fosse, non si preoccupò neanche di vedere se il nemico aveva addosso qualcosa di barattabile.

Era buio, oramai avrebbe dovuto trovare un posto dove passare la notte. In lontananza scorse un monumento, con delle luci intorno. Più avanti c'era un cartello con la scritta "Avamposto del Mojave". Tutto faceva ovviamente pensare che era arrivato nel Mojave, terra di tutti e terra di nessuno. Poco dopo aver letto il cartello Connor disse sotto voce:"Vi troverò". Connor, non poteva mostrarsi in pubblico con la sua armatura, troppo avanzata così per dire, la RNC l'avrebbe subito trattenuto. Si avvicinò il più possibile al cancello, dove c'era un soldato di vedetta. Connor lo aggirò, si portò furtivamente dietro di lui e con una presa lo soffocò e lo fece svenire. Gli prese i vestiti e mise la sua strana armatura in una sacca che aveva trovato li intorno. Con aria disinvolta attraversò l'avamposto travestito da soldato. Tutto filava liscio fino a quando.."Dove stai andando soldato!?" urlò un tenente in servizio all'avamposto. "In ricognizione!" esclamò Connor ma il tenente rispose "A quest'ora?" e Connor rispose ancora una volta: "Si sentono strani rumori giù a valle, mi hanno ordinato di andare a controllare." Il sergente con un gesto della testa acconsentì e Connor proseguì.

Dopo aver rischiato di essere scoperto doveva pensare ad un posto sicuro deve stare la notte per poi proseguire la mattina successiva verso la sua meta. Scendendo verso la valle trovò un vecchio edificio che sembrava una stazione di servizio. Un posto perfetto pensò. Dopo averlo ripulito da qualche scorpione radioattivo e dopo aver esaminato la zona circostante, si mise a riposo. Per addormentarsi, si mise ad aggiustare una vecchia radio che aveva trovato nella stazione di servizio. Giocando con qualche filo qua e là si accese improvvisamente. La radio era sintonizzata sulla 98.4, gli abitanti del luogo, da quanto aveva capito, la chiamavano Radio New Vegas. Proprio nel momento in cui stava per addormentarsi una notizia scosse Connor:”Qui è il signor New Vegas che vi parla, i prospettori segnalano la presenza di movimenti nella zona di Hidden Valley dopo il tramonto, purtroppo non sono stati in grado di identificarli per la scarsa visibilità.” Dopo queste parole Connor estrae dalla tasca una vecchia biglia prebellica, la strinse forte e disse “Bene, domani mi attende una lunga giornata”. Passò la notte, non abbassò mai la guardia, non sapeva che sorprese gli riservasse il Mojave.

Si svegliò al mattino presto. Uscì dalla stazione e vide una cosa che la sera prima l’oscurità gli aveva negato: una landa desolata, una distesa di sabbia circondata da enormi montagne, una terra che con le sue guerre, con le sue storie, alcune ancora da scrivere. Ma Connor ne cercava una in particolare una storia che cercava da molti anni, che in California non aveva trovato. Scorse una statale, la Long 15, con un cartello che indicava la strada per Primm, non gli importava se si trattasse di una città fantasma o meno, aveva bisogno di rifornimenti, oramai avevano visto il suo volto all’avamposto e quindi gli era impossibile tornare indietro. Proprio quando stava per ultimare gli ultimi preparativi per il viaggio ecco che sente degli spari. Si arma del suo fedele M14 e va a controllare. Scorge un punto alto per una buona veduta. Salito sull’altura vede un gruppo di tre uomini attaccati da formiche giganti, prende il caricatore delle munizioni da perforazione, prende la mira, trattiene il respiro e...preme il grilletto. Grazie alla sua precisione mette a segno tutti i bersagli e salva la vita ai malcapitati. Si avvicinò al gruppo sempre con il fucile puntato, non sapeva a chi aveva salvato la vita, se a banditi, mercanti o soldati. Erano tre persone, due sembravano viaggiatori mentre l’altro sembrava un soldato. Ad un certo uno dei tre, punto un uomo con una giacca nera esclamò: “E tu chi sei?”. Connor sempre con la guardia alzata rispose:”Dipende da chi lo chiede”. Poi il ragazzo rispose: “Lo chiedo io, ok? E faresti meglio a rispondere”. Connor non si lasciò affatto impressionare: “Io sono colui che vi ha permesso di rimanere in questo mondo, e colui che può ancora farvelo lasciare. O forse vuoi minacciarmi con quella misera pistola” rispose con tono di superiorità. Il ragazzo aveva deciso di continuare a rispondere ma fu fermato dall' altro giovane e dal soldato.
“Forza, proseguiamo verso Primm” disse il militare.
“Primm? Potrebbe essere un bel posto dove andare. Bene, viaggierò con voi fino alla città e poi ognuno per la sua strada” disse tranquillo.

Il viaggiatore con un gesto del fucile ordinò di proseguire, riaccendendo le ire del giovane caucasico. Nonostante ciò, l neoformato quartetto si mise così in viaggio. L’uomo con la giacca scura e il ragazzo ispanico stavano sulla moto a passo lento, il terzo procedeva dietro, mentre Connor con area serena, ma sempre col fucile in mano si teneva a distanza. Nel giro di qualche ora, eccoli giunti all’entrata della città, non era stato un viaggio difficile, avevano incontrato solo qualche Geco, nulla a che vedere con le creature viste in California. La città sembrava in buono stato e ben sorvegliata dalla RNC, nonostante non ne facesse formalmente parte intratteneva strette relazioni commerciali con la Repubblica.
I quattro si diressero al comando RNC per consegnare alcune lettere, Connor osservò i tre discutere con un ufficiale, per poi ricevere una paga e infine vide il militare abbandonare il gruppo.
Rientrati in città, i tre camminavano su una strada illuminata solo dalla luce del tramonto, mentre la vita di Primm procedeva tranquilla.
“E adesso?” chiese il ragazzo dalla giacca nera.
 
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edoboss101
view post Posted on 16/12/2012, 01:17     +1   -1




Domenica 25 Novembre 2290

Raul Menendez Robinson,Infermeria dell'Avamposto del Mojave

La figura nera prese sempre più forma e dettaglio fino a rivelare l'aspetto fisico della persona che gli parlava, era un ragazzo con un abbigliamento stravagante, che sembrava quello dei Great Khans con dei tocchi dello stile di alcuni ragazzi che aveva visto girare a Freeside, la prima e unica volta in cui ci era andato insieme al padre per motivi di lavoro.
Il ragazzo si chiamava Terry e a quanto pare non veniva dal Mojave. Dopo una rapida presentazione arrivò il Sergente Kilborn, che chiese ai due di andare a consegnare delle lettere a Primm per un po' di tappi; sebbene titubante Raul decise di accettare. Uscirono fuori, e mentre Terry era andato a prendere qualcosa, Raul ne approfittò per andare al recinto dove c'era l'animale che lo morse ore prima, stavolta intenzionato a rivendicarsi, attirò la bestia con dell'erba e quando il bramino fu abbastanza vicino Raul con un movimento fulmineo gli diede un pugno sul muso,facendolo emettere un muggito di dolore:
<moough,che cazzo fai?>
<spiegami come diavolo fai a parlare,razza di animale!>
<muu>
La gente intorno si soffermò a guardare Raul, scioccata come la prima volta, persino Terry, che intanto era poggiato su uno strano veicolo, era scoinvolto dallo strano comportamento del nuovo amico
<oh andiamo!Non l'avete sentito?Questa fottuta massa di carne sa parlare!Possibile che lo senta solo io?>
Ormai frustrato, Raul abbandonò la sua causa, ormai il bramino aveva vinto e gli aveva fatto fare due figure di merda in un solo giorno, avrebbe voluto puntare il suo fucile alla testa di quella bestia per porre fine alle sue chiacchiere
“Battuto da un animale e schiacciato da un prete,e io che pensavo che questa sarebbe stata una giornata noiosa” pensò mentre andava verso Terry e il suo oggetto metallico luccicante.
Terry spiego che quella era una moto, un veicolo capace di muoversi ad alta velocità. Intanto arrivò il soldato che doveva venire con loro, provvisto di moto anche lui, e si presentò, poco dopo partirono.
Mentre erano sulla strada vicina all'Ivampah Lake, di cui rimaneva solo il fondo, dal terreno sbucò un'ondata di formiche giganti e minacciose, costringendo il gruppo a fermarsi per combattere.
Ci fu una battaglia, nonostante gli sforzi di Raul erano stati accerchiati, ma grazie ad un misterioso individuo in armatura le formiche non furono più un problema.
L' individuo decise di proseguire con loro, nonostante si notasse un certo astio tra lui e Terry. Arrivati a Primm, lasciarono il soldato Anderson con le lettere all' avamposto RNC, presero i tappi e poi entrarono in città.
Entrarono finalmente a Primm,la città delle montagne russe, che era cambiata profondamente dall'ultima volta che Raul ci era stato durante la sua infanzia.
La gente era dappertutto e sulla strada si vedevano ogni tipo di persone:soldati, donne, bambini, prospettori e uomini d'affari, era una città prospera, in cui ogni volta che tornavi c'era un qualche cambiamento.
Le montagne russe in particolare erano state ricostruite e fatte funzionare, fungendo da grande fonte turistica per la città, dato che non si era mai vista una cosa simile nell'America post-bellica.
Consegnarono le lettere all'RNC e si divisero, Terry andò in una ferramenta, la recluta al campo RNC e il soldato in armatura a visitare la città.
Raul invece si diresse verso le montagne russe, la costruzione che ai suoi occhi era la più fantastica.
Urtò alcune persone mentre si dirigeva alla sua piccola meta e tra di esse c'era un personaggio molto ma molto strano:era un uomo basso e cicciottello, che aveva dei baffi molto grandi e indossava una maglia rossa affiancata da una salopette blu e un cappello rosso anch'esso con sopra scritta una M, stava borbottando qualcosa sullo sprofondare in dei tubi e saltare su delle tartarughe.
Raul restò a guardare confuso lo strano personaggio che aveva appena urtato, non capendo se era un'illusione o la realtà,chiedendosi anche che diavolo fosse una tartaruga.
Quando arrivò alle montagne russe vide una signora che parlava col controllore, chiedendo se ci fosse qualcuno disposto a stare vicino alla sua figlioletta sulle montagne russe, dicendo che soffriva d nausea ma che non poteva non far salire la bambina.
Allora Raul si fece avanti e pagò il suo posto vicino alla bambina con i pochi tappi che aveva, la madre lo ringraziò e gli affidò la bambina.
Salirono sull'attrazione, e Raul non notò che la bambina non si era messa la cintura di sicurezza, essendo distratto.
Partirono andando sempre più velocemente, dando brivido a Raul e alla bambina che nonostante avesse un po' paura era rassicurata dal suo accompagnatore.
Ad un tratto successe l'inaspettabile,un pezzo di pista crollò proprio nel momento in cui il veicolo passava, causando una catastrofe.
Il treno cadde nel vuoto e i vari vagoni si erano staccati, la bambina era terrorizzata e Raul non sapeva che fare.
In quel momento fatale il vagone toccò terra con un impatto davvero forte, la bambina era volata a 3 metri da Raul mentre lui si schiantò assieme al vagone, bloccato dalle cinture di sicurezza.
Dopo un attimo di incoscienza Raul si svegliò, ancora bloccato dalle cinture di sicurezza del vagone, ormai capovolto su se stesso.
Era un momento di puro panico, un incendio scoppiò nella zona dell'incidente propagandosi sempre di più e il ragazzo vide che la bambina era circondata dal fuoco che stava per avvolgerla tra le sue spire, con fatica si liberò e strisciò fuori da sotto il vagone, riuscendo a salvarsi.
Intenzionato a salvare a tutti i costi quella bambina, disposto anche ad ustionarsi pur di metterla al sicuro, prese una grossa rincorsa e balzò in mezzo alle fiamme, prendendo la bimba tra le braccia e correndo verso l'uscita da quell'inferno.
Riuscì ad uscire dall'incendio ma la sua armatura andava a fuoco, così posò la bambina ai piedi della madre e si rotolò in mezzo alla sabbia cercando di spegnersi.
Dopo che riuscì a mettersi al sicuro dal fuoco fu ringraziato dalla signora che gli regalò un sacchetto di tappi come ringraziamento.
Invitò Terry e il soldato al bar per offrirgli una birra e raccontare tutto.
Dopo che si rincontrarono in un punto prestabilito,entrarono nel bar,si sedettero e ordinarono dell'alcolico.
Bevvero molta birra quella sera,soprattutto Raul,condizionato dall'atteggiamento di Terry,che lo spingeva sempre di più a bere,fino a che tutti e due si ubriacarono leggermente,il soldato in armatura anche lui si era ubriacato,ma il suo carattere serio scalfì parte dell'euforia provocata dalla birra.
Mentre Raul era seduto a ridere come un idiota insieme a Terry,si avvicinò un individuo che disse a Raul di chiamarsi Sam Guevenne e che lo sfidò ad una gara di bevute,ovviamente Raul ubriaco accettò.
Dopo essersi ubriacato ancora di più Raul uscì dal bar e vomitò su un ghoul che stava dormendo in un vicolo,facendolo svegliare e incazzare di brutto.
Il ghoul estrasse un coltello e cominciò ad inseguirlo,ma la preda riuscì a scappare verso l'uscita del bar,dove c'era un buttafuori che fermò il ghoul e lo rimandò nel vicolo.
Terry ubriaco fradicio e cominciò a vomitare,colpendo una signora vestita in modo molto elegante e quindi rovinandole l'abito da sera, Raul intanto si era improvvisato dei punteggi che dava a Terry ad ogni tipo di persona colpita:
<hic,amico,hai fuatto altri 100 punti! Sei a 560!>
<epic...Epico!>rispose “il cecchino”.
Cercarono di battersi il cinque varie volte, ovviamente mancando ogni colpo, decisero di andare al famoso casinò Vikki and Vance.
Entrarono e videro una donna elegante che stava giocando ad una slot machine, cominciando a fare i romantici farlocchi
<hey bellezza,che ne dici di fare..hic...una cosa a tre?>
<sì baby, vieni con noi al Bisont Steve, ti facciamo provare le nostre montagne russe!>
<fottetevi, razza di ubriaconi senza rispetto, levatevi dalle palle prima che chiami la sicurezza>
Per fortuna della donna i due se ne andarono verso la loro prossima vittima:Primm Slimm,un robot con un cappello da cowboy che raccontava ciò che raccontava sempre, vi si avvicinarono e chiesero,non appena il robot non pronunciò la parola “bagni” i ragazzi non riuscirono a trattenersi dal vomitare....
Il robot fu colpito in pieno e disorientato si diresse verso i bagni,andò verso uno dei cessi ed esplose,danneggiando i tubi e perciò causando un allagamento pazzesco.
I due amiconi scapparono subito senza essere visti, e se Terry era crollato dietro ad un bramino, Raul si era spinto troppo lontano,uscendo dalla città.
In mezzo al deserto era disorientato, il mondo buio e distorto lo confondeva e gli dava la nausea,la vista gli si annebbiò, finchè non crollò in mezzo alla sabbia del deserto.
Si risvegliò la mattina dopo,era legato e sentiva delle voci
<he he,è stato troppo facile catturare questo coglione,Vaas sarà sicuramente contento di tutti i prigionieri che stiamo facendo>
<già,come minimo ci dovrà riservare degli alloggi migliori....hey,il coglione si è svegliato! Svelto dagli un colpo!>
Raul fu colpito da un calcio d'arma e svenne di nuovo.
 
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