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Goodbye, blue sky

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Toshiro Umezawa
view post Posted on 26/6/2013, 12:55     +1   -1




[Mi hanno indirizzato qui, ma non so se è la sezione giusta]

La città si presentava agli occhi della ragazza come sempre, non mutata di un granello.
Un solo, immenso corpo di acciaio e pietra che era ormai ridotto ad uno scheletro ululante, il cui urlo si era però spento da tempo.
La guerra l'aveva messo a tacere, come aveva messo da parte tutto il buonsenso, il valore dell'umanità e la fratellanza dei popoli. I valori, se mai erano esistiti, erano scomparsi dalla mente di tutti durante quei sei mesi d'inferno, quando su tutta la terra si era abbattuta la pioggia delle bombe, simili a grossi chicchi di grandine nera e maligna, che invece di portare vita e speranza recavano in sé solo la promessa di morte.
Le arterie di quel gigante, le strade, erano spezzate e il sangue di metallo rappreso, ossia le macchine e i camion di coloro che quel giorno avevano tentato di scappare dall'eccidio, si concentrava in larghi spiazzi dove si trovavano i roghi che i predatori avevano appiccato alle carcasse di metallo, uccidendo come topi le persone rimaste intrappolate, nel migliore dei casi.
Il busto, i palazzi, si ergevano come enormi dita che, puntando al cielo, additavano come responsabile della strage un qualche dio assente, mentre contro il loro corpo avrebbero dovuto rivolgere l'accusa.
“Ed ecco, sono diventato il distruttore di mondi!”
La ragazza ricordava ancora quella citazione che aveva studiato a scuola, quando ancora il mondo poteva promettere qualcosa alla gente che ci viveva: era un frase pronunciata in occasione del test della bomba atomica ad Almogrado, in Messico, ma non aveva una memoria così eccellente da rimembrare anche chi l'avesse detta.
E oltretutto, a cosa serviva ricordare i bei giorni andati?
Solo a compiangersi, ad essere deboli.
E in quel mondo uovo essere deboli era la morte certa per chiunque.
Ecco perché quando catturò il ratto che inseguiva da un'ora per le macerie della città martoriata, ululò il suo trionfo, sotto il testimone del minuscolo spicchi di cielo blu che ancora era visibile a certe ore del giorno, mentre l 'animaletto squittiva disperato e cercava di morderla, invano perché lei lo teneva col muso semi paralizzato.
Il ratto squittiva di paura, e la ragazza non aveva voglia di sentirlo ancora emettere quel verso, così lo prese e gli spezzò il collo con il semplice movimento delle dita: una morte rapida ed indolore.
La ragazza, graffiata in più punti e dagli abiti sudici e lacerati, si leccò le labbra screpolate con la lingua, pregustando il pasto più sostanzioso su cui metteva le mani da una settimana, o più, nonostante il ratto fosse magrissimo e gli si vedessero le costole sotto la pelliccia unta e sporca.
Stava per addentarne le carni, quando udì un suono provenire da dietro di sé: qualcosa si muoveva alle sue spalle.
Voltandosi vide fuggire dalle macerie di cemento una strana figura.
Sembrava spaventata, perché corse veloce.
La ragazza restò ancora per qualche secondo con le orecchie spalancate, pronta a fuggire se fosse tornata.
Ma la creatura non lo fece, e perciò cominciò a mangiare il ratto con gusto.
Aveva appena attaccato la testa, quando udì di nuovo un rumore, stavolta una sorta di rantolo soffocato, un gemito.
La ragazza si voltò di scatto, la bocca appena macchiata di sangue rossastro, e vide la figura.
Era una sorta di umanoide, ma era così dissimile da un uomo che la ragazza sulle prime lo credette un'allucinazione. La sua magrezza era impressionante: le costole spuntavano da sotto la pelle tesa come le ali di un pipistrello, con poco o quasi niente di muscoli a sostenere l'essere.
Lunghe dita affilate spuntavano dalle mani ossute con le vene in rilievo, come se fossero pustole lunghe e violacee.
La faccia infine era celata da una maschera antigas, come quelle che pure la ragazza aveva indossato quando la pioggia di bombe era calata sul terreno e per molti mesi si erano portate quelle robe per evitare di rimanere intossicati.
Le lenti erano talmente oscurate dall'incuria che le era impossibile vedere gli occhi del tizio, e la sorprendeva che questa riuscisse a vederci chiaramente.
L'essere respirava con brevi ed irregolari rantoli ansiogeni, come se avesse un respiratore e lo volesse conservare il più a lungo possibile: ma non aveva filtri pieni, a quanto la ragazza poteva osservare.
Anche la sua testa, calva e pelata come una palla da biliardo, denotava una visione di inferno gravare su quell'essere.
Faceva pena: orribile a vedersi, non poteva avere più di dieci anni, eppure ne dimostrava almeno un centinaio di più.
Il “bambino” osservava con aria affamata il topo che la ragazza aveva in mano: si vedeva che non mangiava da parecchio tempo.
Cosa credeva?
Che glielo avrebbe ceduto?
Ma, mentre fissava le orbite vuote della maschera sporca, provò come un senso di smarrimento: provava pietà per quel “bambino”, come se non avesse mai visto un essere umano più pietoso di quello.
Aveva fame ed era solo, con nessuno accanto: un mostro, ripudiato dal mondo ormai morente che era stato fatto precipitare nell'abisso.
La solitudine era la sua sola compagnia.
La ragazza, fino alla fine dei suoi giorni, non seppe mai cosa la spinse a gettargli il cadavere del ratto addosso, cedendoglielo, quando anche lei era di una magrezza impressionante.
Il “bambino” afferrò il ratto e, sollevando appena la maschera, in modo che si scoprisse solo la bocca, iniziò ad addentarlo voracemente, mangiandolo con gusto, fino a che la coda dell'animaletto venne succhiata con gioia dall'essere.
La ragazza stette per un po' a guardarlo terminare il pasto, e quando questi sollevò lo sguardo, i loro occhi si incrociarono veramente per la prima volta.
La ragazza non disse nulla, ma, dopo una ventina di minuti nei quali si fissarono a vicenda, lei si mise a canticchiare una canzone.
Era molto vecchia, risalente agli anni '80 del 1900 ed era molto triste, malinconica: struggente e bella per la aura di distruzione che recava in sé.
-Did-did-did-did-you see the frightened ones?
Did-did-did-did-you hear the falling bombs?
Did-did-did-did-you ever wonder why we had to run for shelter
When the promise of a brave new world
Unfurled beneath a clear blue sky?-
Mentre la cantava il “bambino” l'ascoltava in silenzio: non c'era modo di capire se gli piacesse o se comprendesse il senso delle parole (magari non sapeva neppure parlare), ma il fatto che non fosse scappato via a rintanarsi era segno che almeno non aveva paura di lei.
La seconda parte venne iniziata dalla ragazza mentre tuoni e lampi si avvertivano in lontananza provenire da settentrione: si stava avvicinando una tempesta, e il cielo, fino ad allora in parte blu come era una volta, si oscurava pian piano, ma inesorabilmente, coperto da una cappa di nere nubi.
-Oooooooo ooo ooo ooo ooooh
Oooooooo ooo ooo ooo ooooh
Did-did-did-did-you see the frightened ones?
Did-did-did-did-you hear the falling bombs?
The flames are all long gone, but the pain lingers on.-
Il “bambino” continuava ad ascoltare in rispettoso silenzio la ragazza che concludeva la canzone dell'era passata, di un tempo forse problematico ma comunque più felice di questo, dove era ancora possibile riparare a tutto.
Il finale era davvero malinconico, tanto che lo cantò con una lacrima che le scendeva lungo il viso e, ironicamente, si adattava bene al temporale che avanzava, simile ad una mano enorme e gassosa che ghermiva il cielo e il sole, uccidendoli sotto la coltre opprimente delle bugie, della violenza e della malvagità umana.
-Goodbye, blue sky
Goodbye, blue sky.
Goodbye.
Goodbye.-
Passarono all'incirca una decina di minuti di silenzio, , mentre la ragazza piangeva di tristezza, mentre la voce della ragazza si spegneva delicatamente nell'aria circostante e le sue parole erano coperte dal tuoneggiare del temporale incombente.
Quando ella si asciugò le lacrime, vide che il “bambino” era sparito, ma al suo posto vi era una rosa fatta con rimasugli di spazzatura: argentea, fatta con alluminio ed altro raccolto dalle pattumiere e dalle macerie, era forse la cosa più bella che avesse visto da parecchio tempo in quel mondo triste e malato.
La raccolse, e mentre la osservava meravigliata, un sola goccia di pioggia cadde su uno dei petali della rosa, seguita dal rumore del tuono in arrivo, col suo carico di pioggia acida.
-Goodbye, blue sky
Goodbye, blue sky.
Goodbye.
Goodbye.-
 
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soldato squadra sigma
view post Posted on 18/6/2015, 15:05     +1   -1




mi sono commoso
 
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Raph98
view post Posted on 4/7/2015, 14:47     +1   -1




Giuro stupendo da commuoversi sul serio :cry:

Se potessi continuarlo mi faresti molto felice, sei molto bravo potresti scrivere un libro.
 
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Toshiro Umezawa
view post Posted on 16/3/2016, 17:32     +1   -1




Rispondo solo ora, perché non m'ero accorto dei commenti.
E' uno one shot, quindi non potrei proseguirli: è stato concepito come raccontino singolo proprio mentre ascoltavo la canzone.
 
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3 replies since 26/6/2013, 12:55   167 views
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