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L'ultimo fodero di Akrash -LIBRO289-, Di Tabar Vunqidh Libri di Skyrim Lore

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icon14  view post Posted on 19/4/2018, 12:22     +1   -1
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Si nascondono da me dietro muri di nebbia, l'umanità e l'abisso. Partoriscono mostri da aizzare gli uni contro gli altri. E più il sangue scorre, più la follia inebria. L'abisso nell'anima, la colpa dell'altro.

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L'ULTIMO FODERO DI AKRASH


DI TABAR VUNQIDH




Per svariati giorni, in una calda estatedell'anno 3E 407, una giovane e graziosa dunmer coperta da un velo, visitò regolarmente uno dei mastri corazzieri della città di Tear. Gli abitanti del posto conclusero che la donna era giovane e graziosa dalla sua figura e dal portamento, sebbene nessuno mai ne avesse visto il volto. Lei e il corazziere solevano ritirarsi nel retro dell'armeria dopo che lui aveva chiuso i locali e allontanato gli apprendisti per alcune ore. Quindi, a metà pomeriggio, la donna se ne andava per tornare puntualmente il giorno dopo alla stessa ora. Per quanto le dicerie siano difficili da far tacere, in quel caso era davvero roba di poco conto. Nondimeno, la faccenda tra quel vecchio armiere e quella donna attraente e ben vestita ispirò non poche storielle crudeli. Dopo svariate settimane, quelle visite si interruppero e la vita tornò ai normali ritmi nei bassifondi della città di Tear.

Non prima di un mese o due, dopo che quelle visite si erano interrotte, in una delle numerose taverne del quartiere, un giovane sarto del posto, avendo alzato un po' troppo il gomito, chiese all'armiere: "Dunque, che ne è stato della tua giovane amica? Le hai forse spezzato il cuore?".

L'armiere, consapevole delle voci sul suo conto, rispose semplicemente, "È una giovane signora di alto rango. Non c'è mai stato niente tra lei e un tipo come me".

"E allora cosa, faceva ogni giorno nella tua armeria?" chiese l'oste che moriva dalla voglia di approfondire
l'argomento.

"Se proprio lo volete sapere", disse l'armiere, "le stavo insegnando il mestiere".

"Ci stai prendendo in giro", rise il sarto.

"No, la giovane signora aveva un vivo interesse per la mia arte", disse l'armiere con una punta d'orgoglio prima di perdersi in fantasticherie. "Le ho insegnato come riparare le spade danneggiate nei più svariati modi, intaccature, fratture, sottilissime fenditure, pomi, else e impugnature spezzate. Quando ha iniziato non sapeva neppure come assicurare l'impugnatura al corpo della lama... A dire il vero, era un'apprendista alquanto sprovveduta da istruire. E perché mai non avrebbe dovuto esserlo? Comunque non aveva alcun timore di sporcarsi le mani. Le ho insegnato come aggiustare le minuscole filigrane d'oro e d'argento intarsiate sulle spade più raffinate e come lucidare la lama in modo da farla sembrare appena uscita dall'incudine celeste degli dei".

L'oste e il sarto risero sonoramente. Qualunque cosa asserisse, l'armiere parlava dell'addestramento della giovane donna come un uomo parlerebbe di un antico amore oramai perduto. Buona parte dei locali avventori della taverna avrebbero ascoltato la storia toccante dell'armiere, ma dicerie ben più importanti avevano preso il sopravvento. Un altro mercante di schiavi era stato assassinato nel centro della città, squartato da capo a piedi. Era il sesto in appena quindici giorni.

Alcuni avevano battezzato quell'assassino come il Liberatore, ma quel genere di zelo antischiavista non
era affatto popolare tra i più. La gente comune preferì chiamarlo il Mietitore, poiché molte delle sue prime vittime erano state decapitate. Altre erano state pugnalate, fatte a pezzi o squartate, ma il Mietitore mantenne il suo soprannome originale. Mentre alcuni giovinastri esaltati iniziarono a scommettere sulle condizioni del cadavere della prossima vittima, parecchie dozzine di mercanti di schiavi ancora in vita si riunirono presso il palazzo di Serjo Dres Minegaur. Minegaur era un esponente di minor rango della casata Dres, ma era un membro di spicco della confraternita dei mercanti di schiavi. Forse i suoi anni migliori erano già trascorsi, ma i suoi soci si affidavano ancora alla sua saggezza.

"Dobbiamo valutare ogni indizio a nostra disposizione su questo fantomatico Mietitore e iniziare le ricerca di conseguenza", disse Minegaur, seduto davanti al suo maestoso focolare. "Sappiamo che nutre un odio irragionevole per la schiavitù e per i mercanti di schiavi. Sappiamo anche che ha un'incredibile destrezza con la spada. Sappiamo che è capace di muoversi furtivamente e con astuzia per riuscire a giustiziare buona parte dei nostri fratelli più protetti nelle loro dimore fortificate. Immagino che sia un avventuriero o un forestiero. Certamente nessun cittadino di Morrowind sarebbe in grado di colpirci in questo modo".

Il resto dei mercanti di schiavi presenti annuì. La figura di un forestiero rappresentava meglio il loro problema.

Era sempre così.

"Se avessi cinquanta anni in meno non esiterei a staccare la mia spada Akrash dal focolare", Minegaur fece un gesto eloquente verso l'arma scintillante, "e unirmi a voi nella ricerca di questo assassino. Cercatelo dove gli avventurieri sono soliti incontrarsi, nelle taverne e nelle sale delle gilde. Quindi mostrategli uno dei miei fendenti preferiti".

I mercanti di schiavi risero gentilmente.

"Suppongo che non ci lascereste usare la vostra lama per questo compito, non è vero, serjo?", chiese Soron Jeles, un giovane mercante di schiavi con vivace entusiasmo.

"Sarebbe un uso eccellente per la Akrash", sospirò Minegaur. "Ma quando decisi di ritirarmi giurai che era giunto anche il suo momento".

Minegaur chiese a sua figlia Peliah di portare ai mercanti di schiavi ancora da bere, ma questi fecero segno alla ragazza che non ve ne era bisogno. Quella doveva essere la notte giusta per dare la caccia al Mietitore, non per affogare i loro problemi nell'alcol. Minegaur approvò calorosamente la loro dedizione, atteggiamento che presto si sarebbe rivelato assai costoso, ben più del liquore.

Quando l'ultimo dei mercanti di schiavi lasciò la sua casa, il vecchio baciò la figlia sul capo, diede un ultimo sguardo d'ammirazione ad Akrash e si apprestò per andare a letto. Non appena se ne fu andato, Peliah staccò la spada dalla cappa del camino e percorse rapidamente il campo alle spalle dellatenuta. Sapeva che Kazagh la stava aspettando da ore nelle scuderie.

Lui le andò incontro sbucando dall'ombra, avvolgendo le sue braccia forti e pelose attorno a lei, e la baciò a lungo e dolcemente. Peliah lo strinse a sé spavaldamente, infine lo lasciò andare e gli consegnò la spada. Lui controllò il filo.

"Il miglior armiere khajiiti non avrebbe potuto affilarla meglio", disse guardando con orgoglio l'amata figura. "E so di averla intaccata duramente la scorsa notte".

"Senza dubbio", disse Peliah. "Devi aver tagliato una corazza di ferro".

"I mercanti di schiavi stanno prendendo alcune precauzioni adesso", replicò. "Cos'hanno detto durante la riunione?".

"Pensano che si tratti di un avventuriero venuto da fuori", rise lei. "A nessuno è passato per la testa che uno schiavo khajiiti sia in grado di commettere tutte quelle esecuzioni".

"E tuo padre non sospetta che la sua cara Akrash è in realtà la lama che sta colpendo al cuore dell'oppressione?".

"Perché dovrebbe se ogni giorno è scintillante come il giorno prima? Ora devo andare prima che qualcuno si accorga della mia assenza. Ogni tanto la mia nutrice viene in camera per avere il mio giudizio su alcuni dettagli della cerimonia nuziale, come se avessi mai potuto dire la mia al riguardo".

"Io ti prometto", disse Kazagh molto seriamente. "che non sarai mai costretta a sposarti per consolidare la dinastia dedita al commercio di schiavi della tua famiglia. L'ultimo fodero di Akrash sarà il cuore squarciato di tuo padre. E quando rimarrai orfana, potrai liberare gli schiavi, trasferirti in una provincia più civilizzata e sposare chi vuoi".

"Chissà chi sarà", disse Peliah maliziosamente correndo via dalle scuderie.

Appena prima dell'alba, Peliah si svegliò e strisciò furtivamente nel giardino, dove trovò Akrash nascosta tra le viti di verdamara. Il bordo era ancora piuttosto affilato, ma vi erano vistosi graffi verticali su tutta la superficie della lama. Un'altra decapitazione, pensò prendendo la pietra pomice e rimuovendo pazientemente ogni traccia dei graffi. Infine lucidò la lama con una soluzione di sale e aceto. Quando suo padre entrò nel salotto per la colazione, la spada risplendeva di nuovo immacolata sulla cappa del camino.

Quando giunse la notizia che Kemillith Torom, futuro sposo di Peliah, era stato trovato ai sobborghi di un quartiere, con la testa ad alcuni metri di distanza, Peliah non dovette fingere di addolorarsi. Suo padre sapeva bene che non desiderava sposarlo.

"È una vergogna", disse. "Il ragazzo era un bravo mercante di schiavi. Ma ci sono molti altri giovanotti che vedrebbero di buon grado un'alleanza con la nostra famiglia. Cosa ne pensi del giovane Soron Jeles?".

Due notti dopo, Soron Jeles ebbe la visita del Mietitore. La lotta non durò a lungo, ma Soron si era munito di una piccola difesa: un ago imbevuto nell'icore di una pianta velenosa, nascosto nella manica. Dopo il colpo mortale, cadde in avanti e punse Kazagh al polpaccio. Quando arrivò alla tenuta di Minegaur, il khajiiti stava morendo.

Con la vista offuscata, si arrampicò sul cornicione della casa fino alla finestra di Peliah e bussò. Peliah non rispose immediatamente poiché era immersa in un profondo sonno, sognando il suo meraviglioso futuro con il suo amante khajiiti. Bussò più forte, svegliando non solo Peliah, ma anche suo padre che dormiva nella stanza accanto.

"Kazagh!", gridò Peliah aprendo la finestra. L'altra persona che accorse nella camera da letto era Minegaur in persona.

Per come la vide lui, quello schiavo di sua proprietà, era sul punto di tagliare la testa a sua figlia, anch'essa di sua proprietà, e proprio con la spada di sua proprietà. Improvvisamente, con l'energia di un giovane, Minegaur si precipitò verso il khajiiti agonizzante, strappandogli la spada di mano. Prima che Peliah potesse fermarlo, suo padre aveva già conficcato la lama nel cuore del suo innamorato.

Finita la concitazione, il vecchio gettò la spada e si volse verso la porta per chiamare le guardie. Quindi, come fosse un pensiero di secondaria importanza, si ricordò di assicurarsi che sua figlia non si fosse ferita e non avesse bisogno di un guaritore. Minegaur si volse verso lei. Per un momento, percepì un semplice disorientamento, avvertendo l'irruenza del colpo, ma non la penetrazione della lama. Quindi vide il sangue sgorgare e sentì il dolore lancinante. Prima di rendersi conto del tutto che sua figlia lo aveva trafitto con Akrash, era già morto. La lama, alla fine, aveva trovato il suo fodero.

Una settimana più tardi, dopo le indagini ufficiali, lo schiavo fu seppellito in una tomba anonima all'interno della tenuta e Serjo Dres Minegaur trovò il suo luogo di riposo in un modesto angolo del sontuoso mausoleo di famiglia. Una folla numerosa di curiosi accorse al funerale del nobile mercante di schiavi la cui vita era tanto segreta quanto quella del selvaggio Mietitore dei suoi concorrenti. Il pubblico rimase in rispettoso silenzio, sebbene non vi fosse persona che non avesse immaginato gli ultimi istanti della vita di quell'uomo. Nella sua follia aveva attentato alla vita della sua stessa figlia, fortunatamente difesa dal leale e sfortunato schiavo, prima di puntare la lama contro di sé.

Fra i curiosi c'era un vecchio armiere che vide per l'ultima volta la giovane donna dal volto velato prima che questa sparisse da Tear per sempre.
 
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