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Canto degli uomini Askelde -LIBRO298-, Di Monaci dell'ateneo di Anthel Vecchia Libri di Skyrim Lore

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icon14  view post Posted on 25/4/2018, 12:22     +1   -1
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Si nascondono da me dietro muri di nebbia, l'umanità e l'abisso. Partoriscono mostri da aizzare gli uni contro gli altri. E più il sangue scorre, più la follia inebria. L'abisso nell'anima, la colpa dell'altro.

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CANTO DEGLI UOMINI ASKELDE


(NORD/TRADIZIONALE)


TRADUZIONE 3E 213


MONACI DELL'ATENEO DI ANTHEL VECCHIA




Lungi da casa cinquanta notti ho passato, su una rupe dell'Hjaalmarch dove ho dimorato.

Nonostante la mia carne sia morta e sepolta, i miei ricordi sono sopravvissuti, ancora una volta.

Scintillanti nella valle da cui solitario provengo, con occhi defunti le pallide fiamme sovvengono.

Dove quegli uomini portentosi e mietitori di vite, a squarciagola cantarono le loro glorie ardite.

Spirando andai, un'ombra nella natura, tra quegli stoici pini dell'oscura altura.

Ma quando finalmente trovai la calca della pira, sulle ali del vento udii il suono di una lira.

"Levate le vostre voci, o musicanti del cielo, riecheggiate a Sovngarde, con canto e zelo".

"Questi morti onorevoli molto sangue hanno versato, poiché orchi, elfi e uomini in quantità hanno massacrato".

"Del tuo spirito il loro cuore è nobilmente infuso, o grande Wulfharth, che i tuoi compagni non hai mai deluso".

E l'olio delle urne le avide fiamme alimentò, bruciando quei pochi che la mia legione trucidò.

Senza sosta cantilenarono fino all'alba, riprendendo a marciare sotto quella luce scialba.

Procedettero inosservati e così feci io, erano i figli di Skyrim, che pedinavo nell'oblio.

Solcarono senza indugio terre e colline, ma io alla stanchezza ero decisamente più incline.

Imperterriti andarono come un vortice di rabbia, trovarono l'accampamento e ci misero in gabbia.

Conoscendo i presenti, il mio cuore doleva, la loro fine si avvicinava, ma nessuno lo sapeva.

E i polmoni dei nord si riempirono nuovamente, tremando di terrore, mugugnai sommessamente.

"Ascoltaci, Ysmir, nostro antenato e Re di Cenere, concedi a questa banda delle carni tenere".

"Quei morti che hai accolto e amorevolmente accudito, vendicare noi vogliamo, o nostro eroe erudito".

E così fu, la carneficina ebbe luogo, e i miei compagni finirono al giogo.

Gli uomini di Askelde, cinerei e bruti nell'aspetto, pronti ad attaccare, tesero le corde di netto, e dei suoni sordi fuoriuscirono dal mio petto.

Un urlo futile in mezzo al loro, una nota vuota, anche se un veterano la sente e su di sé ruota.

Sbuffando vapore, le sue narici si dilatarono, e con la barba in fiamme, i miei battiti cessarono.

La mia vista si offuscò e la pace giunse.
 
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